(SECONDA PARTE) – Leggi la prima parte
Completiamo il breve excursus sulle uveiti con la localizzazione, la diagnosi e la terapia.
Localizzazione.
A seconda della zona interessata l’uveite può essere classificata come anteriore, media (irite e iridociclite), o posteriore (retinite e coroidite). Forme importanti interessano tutto l’occhio (panuveite). Geograficamente nel mondo occidentale sono più frequenti le forme autoimmuni, mentre nei paesi in via di sviluppo quelle infettive. Fattori sociali, ambientali e genetici contribuiscono a diverse varietà di uveite.
Diagnosi.
Ma è solamente con una meticolosa e pignola visita oftalmologica con la lampada a fessura che il medico specialista riesce a individuare altre caratteristiche peculiari come la variazione del diametro della pupilla, che è più ristretta e poco reagente; o variazioni della pressione intraoculare; così come la presenza di cellule infiammatorie a livello della parte anteriore del bulbo dove si trova l’umor acqueo. L’esame del visus evidenzierà un calo della vista, anche considerevole e grave e, esaminando il fundus oculi, soprattutto con apparecchi moderni come l’OCT (la tomografia oculare computerizzata), le sorprese spesso non mancheranno, rilevandosi vasculiti dei vasi retinici; coroiditi infiammatorie oppure cicatrizzate e, talora, anche microrganismi in piena salute e dinamici nei loro movimenti.
In queste complesse situazioni è normale che sia necessaria anche l’illuminata consulenza di specialisti di supporto come reumatologi, internisti, infettivologi e radiologi; oltre a eseguire nutrite batterie di esami del sangue, anche particolarmente sofisticati.
Terapia.
Se la capacità diagnostica, unita a un pizzico di fortuna, di un tale schieramento medico clinico riesce ad arrivare a una diagnosi certa o perlomeno ben indirizzata, subentra poi il problema terapeutico. Di non agevole soluzione perché, a seconda dell’agente causale spazia dal cortisone sistemico ad alte dosi, associando antibiotici, antivirali, antimicotici, o addirittura con l’impiego di farmaci immunosoppressori, di uso ospedaliero, dalle forti potenzialità terapeutiche, ma anche dai non pochi e non innocui effetti collaterali.
A livello locale, topico, fondamentali sono i colliri contenenti il cortisone, l’atropina e, se necessario, quelli per abbassare la pressione oculare. Anche le iniezioni intraoculari, di vari farmaci, sono un presidio indispensabile per casi più gravi e resistenti. Il collirio a base di atropina è un cardine terapeutico essenziale perché mette a riposo l’occhio riducendo il dolore ed evitando problemi come il formarsi di aderenze interne nell’occhio, causate dalle forti componenti infiammatorie.
Purtroppo sovente queste malattie non rappresentano un episodio singolo, ma diventano croniche e ricorrenti, specie nelle forme reumatologiche e autoimmunitarie. Le conseguenze possono essere svariate ma di rilevante peso clinico. L’elenco comprende cataratta, glaucoma, edema maculare e complicazioni retiniche con cicatrici, danni al nervo ottico e anche cecità.
Concludendo si evince che non è mai da sottovalutare la presenza di queste – insidiose -patologie oculari, potenzialmente invalidanti, ma che, per fortuna, se precocemente e ben diagnosticate, nella gran parte dei casi hanno un esito favorevole senza perdita funzionale visiva.
Chi è stato affetto da uveite dovrà, inoltre, ricordarsi dei periodici controlli da eseguire, anche a guarigione avvenuta, per intervenire prontamente in caso di recidive.
Mario Parma 5-11-2025