ALIMENTAZIONE ED EMOZIONI: ESISTE UN LEGAME?

Da sempre metto in connessione le emozioni e il cibo. Sicuramente ho bisogno di consigli alimentari corretti ma forse devo consultare anche uno psicologo.
Cosa ne pensa?

Risposta a cura di: Dott.ssa Carla Lertola, medico chirurgo specialista in Scienza dell’Alimentazione e Dietetica, presidente e cofondatrice associazione Robin Foood Onlus

Il cibo è il primo contatto che abbiamo con il mondo e l’atto di alimentarci è l’unica relazione vitale che inizia con noi e finisce con noi accompagnandoci per tutta la vita. La capacità di provare piacere mangiando un particolare cibo è unica ma, allo stesso tempo, comune a tutti gli altri esseri umani: questo è il presupposto fondamentale della condivisione di questa sensazione.

Questa premessa serve a capire come è impossibile non pensare al cibo come a qualcosa che possa provocare e/o compensare emozioni o essere comunque strettamente connesso ad esse. “Mettere” le situazioni emotive nel cibo entro certi limiti è quindi assolutamente normale.

Diventa patologico quando l’atto di alimentarci in relazione ai sentimenti soprattutto negativi diventa automatico ed eccessivo. L’ansia, la noia, la rabbia, l’invidia per esempio sono dei motori potentissimi verso un “buon” cibo compensatorio che possa sopprimerli.

Senza arrivare a vere proprie abbuffate quando il meccanismo “provo una sensazione/mangio” (solitamente alimenti ricchi di carboidrati o zuccheri quali pane, pizza, focaccia, biscotti, cioccolato &c.) diventa una costante nella nostra vita è necessario, in prima battuta, consultare un dietologo/nutrizionista esperto in grado di guidarci in un percorso di correttezza nutrizionale ma anche capace di insegnarci come strutturare la giornata alimentare per evitare i momenti in cui più facilmente si indulga nell’abuso alimentare.

Qualora con una dieta ben strutturata, assolutamente personalizzata, non restrittiva e appagante non si riesca ad ottenere il risultato sperato è sicuramente indispensabile rivolgersi a uno psicologo. A discrezione dei due specialisti la facoltà di lavorare in team per la migliore soluzione del caso.