Circa il 20 per cento degli eventi ischemici cerebrali (ictus o attacco ischemico transitorio, noto con la sigla Tia) è causato da una stenosi carotidea, ossia quella condizione per cui si verifica un restringimento delle carotidi che compromette la circolazione del sangue nel cervello.
Le carotidi sono arterie che hanno come funzione quella di portare ben l’80 per cento del sangue al cervello, mentre del restante 20 per cento se ne occupano le arterie vertebrali.
Il restringimento, o l’occlusione nei casi più gravi, delle carotidi può verificarsi quando a causa dell’accumulo di colesterolo, di grassi e di altro materiale all’interno delle arterie si formano delle placche ateromasiche. Questo evento porta chiaramente a una diminuzione dell’afflusso del sangue al cervello con conseguenti sintomi neurologici: paralisi parziale dal lato opposto alla carotide occlusa o stenotica, mancata coordinazione dei movimenti, perdita della vista o visione annebbiata o sdoppiata, paresi del viso e, nei casi più gravi, perdita di coscienza.
Questi sintomi possono risolversi in pochi minuti se si tratta di un attacco ischemico transitorio (Tia), ma in ogni caso è raccomandabile contattare immediatamente il 112 per un tempestivo intervento medico. L’ictus, infatti, è una patologia che si aggrava più passa il tempo, quindi prima si interviene, maggiori sono le possibilità di ridurre le complicanze associate.
Per monitorare la salute delle carotidi ci si può sottoporre a un esame di primo livello, l’Ecocolordoppler, che può fornire una diagnosi chiara sulla condizione di salute di queste arterie così importanti. Tuttavia, alcune buone e salutari abitudini quotidiane possono fare la differenza nell’ambito della prevenzione.
Smettere di fumare, fare attività fisica, seguire un’alimentazione sana ed equilibrata (ad esempio le verdure a foglia verde, tra cui lattuga, cavolo nero, rucola, bietola e spinaci, offrono nutrienti che proteggono le arterie), o ancora, seguire eventuali terapie per l’ipertensione, l’ipercolesterolemia e il diabete, sono tutte buone pratiche per contrastare l’insorgenza di questa patologia.