“Ho una figlia adolescente che ha ridotto drasticamente il consumo dei farinacei, niente più pasta e gallette di riso al posto del pane. Sono molto preoccupata e non so come intervenire. Mi potete aiutare con qualche consiglio?”
Risposta a cura di: Chiara Ramponi, Dietista, volontaria associazione Robin Foood Onlus
Caro genitore, stare accanto ad una persona che soffre di problematiche alimentari è spesso disorientante. I disturbi dell’alimentazione, infatti, coinvolgono sia il paziente sia i suoi familiari e le figure per lui importanti e significative. Da genitore è dunque comprensibile chiedersi (spesso senza trovare risposte) quale sia l’atteggiamento più funzionale da mantenere o quali siano le parole più incoraggianti da dire. Di seguito dunque qualche piccolo ma utile consiglio per provare ad orientarsi e sciogliere i propri dubbi.
Innanzitutto è importante supportare il proprio figlio nella gestione del pasto, uno dei momenti più complicati per chi soffre di un disturbo dell’alimentazione. Essenziale è arrivare al pasto il più preparati possibile e trovare alcune strategie per aiutarlo a ridurre le proprie preoccupazioni.
Pianificazione: essenziale è la pianificazione in anticipo dei pasti. Come genitore è importate coinvolgere il proprio figlio in questa fase e concordare assieme a lui gli alimenti che vuole consumare e quelli che invece preferisce evitare. Il menù non deve essere necessariamente lo stesso per tutta la famiglia ma, con il tempo e con delicatezza, si può accompagnare il proprio figlio nella sperimentazione degli alimenti evitati e nell’ampliamento della propria scelta alimentare.
Clima: durante il momento del pasto è bene cercare di creare un clima sereno e disteso ed è molto importate mantenere attiva la conversazione. Così facendo, si può infatti aiutare il proprio figlio a ridurre i pensieri e le preoccupazioni relative al cibo, al peso e all’alimentazione. Esistono però alcuni argomenti ‘tabù’ che è bene evitare: tutti quelli che riguardano la sfera cibo, attività fisica e alimentazione. Allo stesso modo sono banditi i confronti, anche quelli che riguardano terze figure.
Stop alla costrizione: di fronte alle difficoltà è bene non utilizzare approcci costrittivi o coercitivi. La costrizione porta infatti ad un’aumento delle difficoltà, all’evitamento e alla restrizione. È invece utile empatizzare con la fatica di vostro figlio; per aiutarlo si può rimandaregli che sta consumando unicamente quanto pianificato precedentemente assieme.
Stop alle diete: come genitore sarebbe ideale non intraprendere alcun percorso nutrizionale, specialmente se a scopo dimagrante. Allo stesso modo, se la dieta è già “in corso” potrebbe essere utile valutare una sua sospensione “a data da destinarsi”. Convivere infatti con familiari che seguono un percorso dietetico potrebbe aumentare ulteriormente le proprie preoccupazioni e l’importanza per il cibo e le forme corporee. Si può invece dare il “buon esempio” in termini di alimentazione attraverso l’adozione di linee guida salutari e flessibili che non prevedono l’esclusione o la limitazione di alcune categorie di alimenti.
In secondo luogo, il pasto non è l’unico momento complicato della giornata, anche il momento immediatamente successivo può essere faticoso; alcuni suggerimenti possono dunque essere essenziali.
Organizzazione: utile è stilare con il vostro figlio una lista di tutte quelle attività che reputa al contempo piacevoli e distraenti (es. guardare film – fare le parole crociate – colorare – leggere). Dopo i pasti pianificate una di queste attività e dedicatevi assieme a lui, così facendo aiuterete il vostro familiare a ridurre l’intensità dei pensieri molto presenti al termine del pasto.
Ultimo ma (come si suol dire) ‘non per importanza’, è bene sapere che dai disturbi dell’alimentazione si può uscire. Per farlo sono necessari grande impegno, pazienza (in quanto il percorso richiede del tempo) e il giusto aiuto; la sola forza di volontà infatti non è sufficiente. Ecco dunque a chi è necessario rivolgersi.
Presa in carico: ciò che davvero serve è rivolgersi ad un’equipe multidisciplinare di esperti specializzati nella cura dei disturbi alimentari. Tali professionisti prenderanno in cura il paziente e lavoreranno assieme a lui come una squadra in modo da lentamente scardinare tutti i fattori di mantenimento della problematica stessa. Probabilmente vostra figlio ‘opporrà’ resistenza, la maggior parte dei pazienti fatica infatti a vedere il disturbo alimentare come un problema; spesso viene infatti reputato una ‘scelta’. Il consiglio, per ingaggiare coloro che soffrono di una problematica alimentare e spingerli così a chiedere aiuto è provare a fare leva sugli aspetti problematici anche ai loro occhi. Alcuni esempi: riduzione delle uscite con i coetanei, diminuzione dei legami e rapporti sociali, calo della prestazione scolastica o sportiva, diminuzione della concentrazione, assenza o perdita del ciclo mestruale, maggiore irritabilità e stanchezza, aumento degli episodi di perdita di controllo e molti altri. 28
‘Prendersi in carico’: se il paziente è minorenne (ma non solo) è essenziale che anche voi genitori o familiari abbiate il vostro spazio di ascolto e seguiate terapie individuali o percorsi di gruppo volti a comprendere come aiutare al meglio il proprio figlio.