A cura di Mario Parma, medico specializzato in Oftalmologia, convenzionato con Ente Mutuo Regionale
Tra le malattie che colpiscono l’occhio, la maculopatia senile è una vera sfida per il medico oculista. Rappresenta una reale e peculiare emergenza per la salute visiva delle persone oltre i 50 anni. In Italia circa un milione di persone presentano segni di iniziale maculopatia senile; circa centomila sono i nuovi casi l’anno, e 1,4 milioni ne sono affette.
Come il nome stesso dice, coinvolge una ben precisa zona dell’occhio, in una fascia di età dove ogni limitazione visiva può rappresentare un problema per l’attività lavorativa e per l’autonomia personale.
La retina è una membrana nervosa sottilissima, di spessore inferiore al millimetro, e composta di numerosi strati cellulari che servono a trasformare la luce in un impulso biochimico che, attraverso il nervo ottico, arriva al cervello per trasformarsi in immagine cosciente. Essa riveste tutto l’interno della sfera oculare, ma una zona è particolarmente importante ed è la macula. È situata proprio in corrispondenza del polo posteriore oculare e in essa convergono, e si concentrano, i raggi luminosi provenienti dall’esterno.
Nel centro della macula vi è la zona della cosiddetta visione distinta, chiamata fovea; quella che serve per la lettura e per svolgere tutte le attività della quotidianità: lavoro, guida, computer, cellulare e muoversi e orientarsi nello spazio che ci circonda.
Qui è presente la maggior concentrazione dei coni, ovvero le cellule nervose sensibili ai colori e alla luce; in uno spazio di circa mezzo millimetro quadrato!
Questo fa capire la delicatezza e l’importanza che svolge questa particolare struttura anatomica. Non esiste sensore fotografico digitale con le medesime caratteristiche.
Con l’invecchiamento, ma anche con fattori di rischio come la famigliarità, il fumo, il diabete, l’ipertensione arteriosa e malattie vascolari aterosclerotiche, può accadere che s’inneschino fenomeni degenerativi di natura vascolare. La normale anatomia è sovvertita da vasi di nuova formazione – detti neovasi -, dalle pareti estremamente fragili, che facilmente si rompono e sanguinano.
I segni iniziali sono la visione di linee ondulate, definite metamorfopsie, per cui le piastrelle e gli spigoli delle porte diventano sinuosi oppure, nella lettura, le lettere si deformano.
Questo inizia in un occhio, ma la malattia colpisce, a distanza di un tempo variabile, entrambi gli occhi.
Importantissimo in questa fase è il consulto di uno specialista, perché la precocità della diagnosi e il tempestivo intervento terapeutico possono limitare di molto l’evoluzione verso una condizione irreversibile, che si manifesta con la formazione di una cicatrice dove si è creata la prima emorragia, e la possibilità, nel corso del tempo, del ripetersi di altre analoghe situazioni. Alla fine, una terminale fibrosi della zona maculare porta alla perdita della visione centrale, e una macchia scura dinanzi all’asse visivo, rende impossibile leggere, guidare e svolgere normali attività.
La visione periferica è conservata e non è mai compromessa; questo consente al paziente di muoversi negli ambienti, seppure con una certa difficoltà.
L’incremento nella diagnosi di nuovi casi impone di agire soprattutto con la prevenzione. Si possono individuare i segni premonitori retinici, rappresentati da alterazioni degli strati più profondi della retina, sovente in assenza di disturbi funzionali quali la percezione di ondulamento e la distorsione delle immagini.
In presenza di famigliarità o di fattori di rischio per la malattia, compresa l’età critica dei 50, un buon esame OCT, tecnicamente: tomografia computerizzata oculare, è fondamentale per individuare i più precoci segni della malattia. L’evoluzione di questa apparecchiatura è rappresentata dall’Angio-OCT. Esso consente di simulare, in modo digitale, la vascolarizzazione della retina e individuare le aree a rischio e i vasellini, o neovasi, che provocano le emorragie. Di esecuzione rapidissima, non invasivo e indolore, fornisce le più accurate informazioni al medico oculista per procedere alla pianificazione personalizzata di successivi controlli o alla programmazione di un piano preventivo con terapie d’integratori. Oltre all’eventuale necessità di un intervento, mediante iniezioni intraoculari, chiamate intravitreali, di sostanze che agiscano molto efficacemente nelle fasi iniziali della malattia per bloccare i neovasi, lo sviluppo e le complicanze.
Un cartoncino quadrettato chiamato Test di Amsler consente di monitorare la malattia e individuare subito aggravamenti, evidenziati dall’aumento di ondulazione delle righe.
Essendo la malattia progressiva e invalidante se non adeguatamente trattata, una perfetta sintonia tra paziente e medico oculista rappresenta il punto di forza per ottenere i migliori risultati in fatto di successo terapeutico e controllo dell’evoluzione della medesima.
dott. Mario Parma 13-11-24