In Italia oltre il 75% degli over 65 è affetto da due o più malattie croniche, una condizione che interessa la quasi totalità degli ultraottantenni. Ciò significa che per un anziano su tre, l’assunzione è di dieci o più farmaci al giorno, un comportamento che espone i pazienti al rischio di interazioni farmacologiche, di un’errata assunzione e di una mancata aderenza terapeutica.
Ad accendere i riflettori su quello che gli esperti definiscono un problema di salute pubblica, è la stessa Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) che in tempi recenti ha voluto sensibilizzare la popolazione generale, ma anche i medici stessi, sul tema della politerapia, vale a dire quella condizione in cui ci si trova ad assumere oltre cinque farmaci nell’arco della giornata (quando non sono di più).
Diverse società di medici hanno già concordato delle linee guida sulla gestione della politerapia, perché possano essere di riferimento sia per lo specialista che raccomanda al paziente un nuovo farmaco sia per il medico di famiglia che poi lo deve prescrivere. Tra queste figure, l’interlocutore più indicato potrebbe essere il geriatra, specialista che potrebbe occuparsi della revisione stessa dei farmaci prescritti, considerandone l’efficacia e l’eventuale interferenza tra loro.
Il geriatra dovrebbe rivedere l’uso dei farmaci sospendendo quelli non necessari o valutando un minor dosaggio quando possibile. Non solo. Il geriatra dovrebbe anche essere in grado di capire se i farmaci vengono assunti correttamente secondo quanto indicato dalla terapia, perché non è raro che un anziano assuma farmaci nell’arco della giornata in modo sbagliato, compromettendo il suo stesso stato di salute.
La politerapia, in conclusione, può essere inappropriata, ma anche appropriata. Si considera infatti inappropriato se a uno stesso paziente vengono prescritti più farmaci in assenza di evidenze scientifiche di efficacia, o quando i farmaci non portano beneficio, o ancora quando i rischi superano i benefici.
Diversamente è appropriata quando i farmaci vengono prescritti al fine di raggiungere specifici obiettivi terapeutici e si pensa che questi possano essere raggiunti in un tempo plausibile; ma soprattutto è appropriata se la terapia farmacologica è stata ottimizzata al fine di ridurre al minimo il rischio di reazioni avverse da farmaci (ADR).